Vengono dal niente coloro che vediamo all’improvviso seduti sul trono di principi legittimi. Ma costoro appassiscono subito come l’erba e nessuno ne sa più nulla.
Il castello di Otranto
Il castello di Otranto (titolo originale The Castle of Otranto) è un romanzo gotico scritto da Horace Walpole nel 1764. Si tratta del primo esempio di letteratura gotica della storia. Ci sono tantissime edizioni italiane, io ho letto la versione con testo a fronte di Oscar Classici del 2002 tradotta da Chiara Zanolli.
Indice
- Il castello di Otranto: la trama
- Magia, spiriti, profezie: la recensione
- Il castello di Otranto: la genesi dell’opera
- Intrecci, tensione, colpi di scena
- Essere o non essere… simile ad Amleto (contiene spoiler)
- L’autore: Horace Walpole
Il castello di Otranto: la trama
Otranto (Puglia), un momento imprecisato nel tempo. Il marchese di Otranto, Manfredi, sta per assistere alle nozze del figlio maggiore – Corrado – con Isabella, figlia del marchese di Vicenza. A un passo dall’altare, Corrado – unico erede maschio – muore misteriosamente schiacciato da un gigante elmo nero.
Manfredi, rimasto senza un erede e senza la speranza di poter avere un altro figlio maschio dalla moglie, decide di far annullare il proprio matrimonio per prendere in sposa Isabella.
Perché tutta quest’ansia di sposarsi? E perché proprio con Isabella? Una profezia incombe sul capo dei marchesi di Otranto:
Il castello e la signoria di Otranto usciranno dalle mani della presente famiglia quando il vero proprietario sarà troppo grande per abitarvi.
Il castello di Otranto
Questo è solo il primo atto di una tragedia che si consuma tra le mura del castello di Otranto tra troni usurpati, fantasmi, eventi soprannaturali e destini che vanno compiendosi.
Magia, spiriti, profezie: la recensione
Il castello di Otranto è uno di quei libri del sussidiario di letteratura inglese che si citano ma non si leggono. Non c’è tempo per il povero Walpole che ha avuto il merito e l’onore di aprire la strada alla letteratura gotica e ad autori come Edgar Allan Poe e Mary Shelley.
Il castello di Otranto: la genesi dell’opera
La genesi del romanzo è molto simpatica: temendo non venisse gradito dal pubblico del XVIII secolo, Walpole decise di inserire una prefazione in cui spiegava di non essere l’autore della storia, bensì di essere un semplice traduttore di uno scritto stampato a Napoli nel 1529 e risalente ai tempi delle Crociate. Perché quest’ansia? All’epoca non era così comune parlare di cose come magia, spiriti e profezie. Temeva potesse essere un clamoroso flop letterario.
Tuttavia, dopo la prima edizione, visto il successo dell’opera, Walpole decise di riprenderne la paternità aggiungendo una seconda prefazione in cui spiegava le scelte letterarie fatte.
Intrecci, tensione e colpi di scena
Il castello di Otranto è un romanzo piccino (poco più di 100 pagine) raccontato da un narratore esterno (eterodiegetico, se volessimo usare un termine tecnico) onnisciente e in terza persona.
L’intreccio è un continuum temporale in cui gli eventi si susseguono in modo piuttosto lineare inframmezzati da qualche momento nel passato rievocato dai personaggi in scena. Si tratta di una trama molto semplice da seguire senza pazzi jump-cut da capogiro, in altre parole.
Essendo breve, Il castello di Otranto si rivela un romanzo estremamente dinamico: ad ogni pagina succede qualcosa, qualche colpo di scena inaspettato che cambia le regole del gioco. Apparizioni, fughe, nuovi personaggi, spettri, profezie, spargimenti di sangue, intrighi di lussuria e di corte: questi gli ingredienti presenti nell’opera di Walpole.
L’atmosfera che si respira dentro le mura del castello è carica di tensione, di cattivi presagi e il lettore non può fare a meno di proseguire nella lettura perché vuole sapere. Deve sapere.
Ho molto apprezzato Il castello di Otranto, un’opera che non ha conosciuto il passare del tempo se non per i punti in cui emerge il trattamento riservato alle donne. In un paio di punti viene espressamente detto a una ragazza “ricorda che non puoi disporre di te: hai un padre…” e ancora “Non sta a noi scegliere il nostro destino”.
Le donne di Otranto sono completamente sottoposte al volere dell’autorità maschile, per essere più precisi, quella del padre.
A parte questo, chiaramente figlio del XVIII secolo, il romanzo non ha perso il suo smalto. Una lettura consigliata per chi ama il genere o per chi è in cerca di un’opera dei secoli passati di facile approccio.
Voto: ⭐⭐⭐⭐
Essere o non essere… simile ad Amleto
Attenzione! Questa sezione contiene spoiler
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I fan di Shakespeare leggendo Il castello di Otranto non potranno fare a meno di pensare ad Amleto. La storia del principe di Danimarca scritta tra il 1600 e il 1602 presenta un’infinità di tratti in comune con il romanzo di Horace Walpole.
Prima su tutte è la presenza del fantasma del legittimo sovrano che chiede di essere rivendicato. Nel caso di Amleto per il suo assassinio, nel caso di Walpole per il dominio sul territorio di Otranto. Che sia l’intera Danimarca o una città della Puglia, c’è sempre qualcuno con il proprio deretano assiso sul trono di qualcun altro.
In entrambi i casi abbiamo anche la presenza del giovane eroe – Amleto vs Teodoro – che deve portare a termine il compito assegnatogli dal fantasma e andare così incontro al proprio fato.
La morte della donna amata è un altro elemento che accomuna le due opere: Ofelia e Matilda trovano entrambe una morte violenta, la prima per propria mano e la seconda per mano del suo stesso padre (Manfredi).
Insomma, Walpole aveva ben presente l’opera di Shakespeare e ne ha tratto libera ispirazione per il proprio romanzo. Lascio qui un saggio dedicato proprio allo studio delle similitudini tra Amleto e Il castello di Otranto (in inglese).
L’autore: Horace Walpole
Horace Walpole nasce a Londra nel 1717. Nato in una famiglia decisamente agiata – era figlio di uno dei ministri di re Giorgio I – frequentò il King’s College di Cambridge.
Dopo aver portato a termine il celeberrimo Grand Tour, iniziò la composizione dell’epistolario: opera che, insieme a Il castello di Otranto, gli diede la fama.
L’attività di questo scrittore non fu così prolifica, oltre all’epistolario e al castello di Otranto, pubblicò le sue memorie, il Catalogo dei reali e nobili autori d’Inghilterra, Aneddoti sulla pittura in Inghilterra e altri lavori di saggistica.
Scrisse inoltre alcune poesie ma che non ottennero grande successo.
Nonostante la “piccola” produzione, Walpole lasciò il segno non solo nella letteratura ma anche nella lingua inglese coniando il termine serendipity (serendipità, in italiano).
Serendipità s.f. [dall’ingl. serendipity, coniato (1754) dallo scrittore ingl. Horace Walpole che lo trasse dal titolo della fiaba The Three Princes of Serendip: era questo l’antico nome dell’isola di Ceylon, l’odierno Sri Lanka], letter. – La capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte, spec. in campo scientifico, mentre si sta cercando altro.
Enciclopedia Treccani
Walpole muore nel 1797 a Londra con il titolo di Conte di Orford.
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